martedì 27 gennaio 2009

Facoltà di Scienze della Comunicazione, Sapienza Università di Roma - Presentazione del preside Mario Morcellini





Il video appartiene al canale Sapienza Video presente su Youtube

lunedì 26 gennaio 2009

La metropoli incantata. Libro e teatro come pubbli-città, di Mario Morcellini

Il libro fa spettacolo. Si sta profilando, dunque, e per molti versi già c'è, un fenomeno contrastante con le previsioni dei catastrofisti culturali. L'aspetto innovativo è che fa spettacolo il libro-pubblico, inteso come deposito di stimolazioni non solo personali, la cui forza deriva dalla tradizione ma anche dal suo incrocio con la sensibilità dei moderni. Più esattamente, è il testo al centro di questo nuovo Rinascimento, messo in scena nelle piazze d'Italia, quasi a unificare nella percezione collettiva la rappresentazione teatrale e la lectura Dantis vissuta come evento. Se questa non è rivoluzione...

Il tempo-libro. Leggere i nuovi significati della lettura
Città da sfogliare, lo slogan recente di una fiera letteraria che ha collegato diverse città, è al tempo stesso realistico e disegna una tendenza. Il radicale cambiamento nel valore della lettura consiste nel superamento della sua dimensione esclusivamente intima. Un consumo quasi inconfessabile. Nelle ultime righe del prologo a Il nome della rosa, descrivendo le consolazioni dell'uomo di lettere, Eco attribuisce a Tommaso da Kempis la seguente divisa: "In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum libro". Ora se c'è un dato certo nei nostri tempi è che la lettura esce dall'angolo (Morcellini, Gavrila in Morcellini 2005). Mentre in passato il libro sembrava troppo spesso il simbolo del ripiegamento e di una vocazione alla solitudine, spesso costruita sotto il peso di sconfitte pubbliche o private, ai moderni l'esperienza della lettura sembra troppo potente per trincerarla solo dentro la fortezza dell'individualismo. Cambia così la natura del libro: da presidio dell'individualismo, a risorsa intersoggettiva e sociale. E' in questa alchimia di valori personali e pubblici che si determina il nuovo significato della cultura - qualunque sia il suo format produttivo - nello spazio urbano.
Trasformata in spazio da leggere e da riscoprire, la città si presta ancora di più alla produzione di sensazioni, di emozioni, di miti, di suoni e di immagini inedite.


L'uomo d'oggi va sempre più alla ricerca di nuove possibilità di identificazione e di espressione della propria personalità, riscoprendo nella lettura una diversa possibilità di mettersi in discussione e sincronizzare lo spirito della socializzazione - proprio soprattutto dei giovani - con l'anima della cultura.
E' così che la città si pone come un display a caratteri mobili di quel che s'intravede oltre l'esperienza della vita quotidiana, trasformandosi in scena dove i protagonisti si confondono con gli spettatori, tutti coinvolti nel leggere e nel farsi leggere tra le righe del nuovo spazio urbano "sfogliato". Il libro steso cambia volto entro la metropoli che lo rimette al centro dell'agorà: non più una fatica, un dovere, ma una passione riscoperta. Lo conferma anche il rapporto Censis del 2005, che vede l'abitudine e la noia quali spiegazioni per la lettura, sostituite da indicatori più espressivi della modernizzazione dei comportamenti culturali, come la passione (dal 31,3% nel 2001 al 47,1% nel 2005), l'interesse (dal 33,8% al 38,5% nello stesso quinquennio) e il bisogno di svago (dal 37,9% al 39,6%).
La lettura, associata intuitivamente, fino a poco tempo fa, alla categoriadei consumi d'élite, quasi "interdetta" per la maggior parte degli italiani, all'improvviso, grazie anche all'intuizione di alcuni manager illuminati e a un nuovo clima culturale, diventa protagonista del dibattito pubblico oltre che esempio illuminante di un rinnovato marketing culturale.

Il proscenio metropolitano alla riscoperta del teatro
Anche per il teatro bisogna saper coltivare una lettura audace dei dati: l'incremento dell'interesse del pubblico, concretamente leggibile dall'aumento della spesa del pubblico, che supera il 3% di variazione nel primo semestre del 2007 rispetto allo stesso periodo del 2006 (SIAE 2007). Colpisce il Wpaniere" entro cui il trend si manifesta: mentre in passato capitava qualche anno di impennata, ma gli andamenti della lettura, del teatro, delle mostre, dei musei e del cinema presentavano risultati altalenanti, da qualche anno si afferma "il pacchetto": questi modelli di consumo culturale tendono a presentare le stesse caratteristiche di incremento quantitativo.


La fruizione di quella cultura che si autodefiniva d'élite conosce un processo di significativo allargamento delle sue basi sociali, imperniato proprio sullo smantellamento dei confini tradizionali del pubblico del teatro. E se questo fenomeno, come abbiamo visto, coinvolge anche l'esperienza della lettura, è difficile non scorgere la matrice accomunante: il recupero del bisogno di sognare, ma anche un'appropriazione diversa del rapporto tra realtà e rappresentazione, facendo dell'andare a teatro o della lettura simboli di una società più ricca e al tempo stesso democratica, in cui l'esperienza diretta della diversità non contrasta con la voglia di comunità.
La passione per il teatro e per la lettura, luoghi tradizionalmente deputati a coniugare realtà e immaginazione, diventano elemento di condivisione e aggregazione. I moderni, alfabetizzati ormai alla scuola di Internet, continuano i percorsi virtuali, passando dalla Rete delle Reti alla rete di relazioni metropolitane e culturali, altrettanto rappresentative per la costruzione delle comunità immaginate.
Nella nuova modernità dei linguaggi, la parola - scritta o messa in scena - si riveste di significati profondamente trasversali alle varie evoluzioni dei mezzi di comunicazione, riacquisendo il suo grande valore di depositario di forme organizzate di memoria individuale e collettiva. Persino di quella tradizione che fa della stessa città oggetto di riflessione e di ispirazione poetica. La città quale mondo nuovo diventa lo spazio più aperto alla diffusione culturale e letteraria. Le moderne metropoli si ridisegnano, dunque, quali luoghi privilegiati per la manifestazione del fenomeno collettivo tornando a diventare luoghi di espansione di una nuova socializzazione culturale.
A ciò si aggiunge una singolare e innovativa geografia della fruizione del teatro, che vede finalmente ridimensionate le barriere tra il Nord e il Sud e una straordinaria diversificazione nella galleria dell'offerta, con forme di rappresentazione "minori" e "periferiche". non meno importanti del punto di vista del rinnovamento espressivo.

L'intervento è tratto da:
- Treccani Scuola

Le immagini appartengono a:
- www.castellopico.it
- www.flickr.com
- www.intoscana.it

domenica 25 gennaio 2009

Cosa cambia nella comunicazione in Italia, di Mario Morcellini

Cosa c'è di nuovo nei fenomeni e nelle pratiche della comunicazione oggi? Rispondere a questa questione comporta l'elaborazione di una vera e propria mappa culturale del presente, ovvero di una tipologia dei caratteri contraddittori della modernità comunicativa. Alcuni nodi critici sono potentemente sotto i nostri occhi, a patto che si sappiano leggere le tendenze e i significati culturali e comunicativi che esibiscono i comportamenti degli uomini moderni.


1) L'aumento della qualità nel consumo dei media

E' una formula coraggiosa che non si trova in letteratura, dove invece si tende ad esagerare il contrario, cioè la perdita di qualità, il kitsch, il trash; spesso gli studiosi tendono a sopravvalutare gli aspetti negativi del tempo in cui vivono. Un punto di svolta rispetto al passato è l'aumento di qualità nel comportamento comunicativo degli italiani. Cercheremo di capire cosa significa, perché i fenomeni nuovi non sono facilmente leggibili all'interno di uno schema teorico unificante che elimini le contraddizioni. Elementi di incompatibilità sono inevitabili in una società che muta: quando il mondo cambia non lo fa in modo lineare, ma dando segni ambigui e contraddittori. Si tratta di un cambio di paradigma, il soggetto non appare più sottoposto alla comunicazione, come un atomo manipolato dal potere dei media. Certo, non si può ritenere che il potere dei media sia oggi venuto meno, ma le evidenze del nostro tempo dimostrano in modo indiscutibile la crescita di fenomeni di autonomia e competenza da parte dei consumatori di comunicazione, prima considerati masse, poi pubblici, alludendo ai loro dislivelli, e infine target, termine utilizzato dalla pubblicità che aiuta a vedere differenze non solo di appartenenza sociale, ma di opinioni, di climi e di atteggiamenti delle persone.


2) Graduale superamento del "generalismo" nei media

L'aumento di qualità comporta un progressivo declino del generalismo. I nostri studi (ma anche ricerche e letture riconducibili ad altre scuole) concordano sul fatto che i media di massa capaci di esercitare un impatto omogeneo sulle persone stiano scomparendo. Mezzi tradizionali come i giornali, la televisione, la radio sono ormai avviati verso un graduale ma inesorabile declino. Non un precipizio, non la catastrofe, ma un progressivo allontanamento dal centro della scena. Per la tv si tratta di un cambiamento epocale perché ha rappresentato per gli italiani il dispositivo privilegiato di socializzazione alla modernità, ed ancora oggi - pur in decremento di ascolti e di significatività sociale - resta comunque il mezzo più espressivo per comprendere il carattere degli italiani, la loro dimensione ipercomunicativa, così come resta il mezzo più importante per capire le società democratiche dell'occidente.


3) Media vecchi e nuovi tra rottura e continuità

Nella fase di elaborazione di quelle che chiamiamo nuove tecnologie, all'epoca nuovissime ed oggi medie, prevaleva un aspetto di discontinuità: sembrava che il computer, la rete e infine la rete delle reti, internet, rappresentassero una censura drastica, di natura linguistica, espressiva, generazionale rispetto alle vecchie tecnologie, e che tv, radio, giornali e cinema fossero incompatibili con questo nuovo ambiente comunicativo. Invece, il modo in cui è avvenuta la reciproca resa dei conti tra generalismo e nuove tecnologie fa capire che prevalgono gli aspetti di continuità: non c'è differenza di contenuti tra media analogici e digitali dal momento che gli uomini recano con sé il proprio codice culturale, permettono il nuovo con le parole vecchie, contaminano le nuove manifestazioni comunicative delle proprie abitudini. La compenetrazione tra vecchi e nuovi media esorcizza ogni tentazione di nuovismo e ci dice chiaramente che, per comprendere la comunicazione, non basta studiare le nuove tecnologie. Vecchi e nuovi media si presentano come una piattaforma sostanzialmente condivisa, persino tra le comunità colte.


4) Fine dell'euforia tipica dei tempi della rete

Questo elemento è stato in larga parte ignorato dagli studiosi. Fino a pochi anni fa tutti i sociologi avevano immaginato che le sorti dell'avvento delle nuove tecnologie sarebbero state caratterizzate dalla rapidità, dalla sostituzione dei fondali culturali che licenziano il vecchio, senza compenetrarlo. E invece osserviamo che non è successo che le vecchie tecnologie e i vecchi contenuti siano stati eliminati. Al contrario, è avvenuto uno stop congiunturale dell'evoluzione della rete, nei termini in cui lo ha definito Lamborghini. Internet non corre poi così veloce e non sta diventando il motore del cambiamento, né si propone come elemento sostitutivo rispetto alla centralità dei vecchi media. Una delle ipotesi avanzate in passato era che internet fosse centrale dal punto di vista delle chance sociali, che dispensasse generosità e liberalità a tutti gli altri segmenti della comunicazione. Ma non è successo anche per colpa di politica e imprese: queste, in particolare, tardano a capitalizzare il valore della tecnologia come motore di cambiamento.


5) La stanchezza dei contenuti mediali del generalismo e della tv in particolare

Il fatto che la televisione innovi troppo poco è un fenomeno che preesiste rispetto alla crisi del generalismo. Lo testimonia la fortuna dei reality nel nostro Paese. Una certa stanchezza la mostra l'informazione, così come una scarsa capacità di restituire i contenuti sociali. Si pensi anche a come la tv racconta l'Università in questo delicato periodo di fine 2008, attraverso stereotipi e banalizzazioni di questioni altrimenti ben più complesse. Si sta spostando il baricentro della creatività dei media e dei grandi contenuti della comunicazione. Da oltre un decennio la televisione non sembra offrire nulla di nuovo. Paradossalmente l'ultima novità è rappresentata dal Grande Fratello, mentre la creatività e le culture giovanili si muovono verso altre direzioni. I giovani sono in fuga dal generalismo che non riesce a dare risposte alla loro complessa soggettività.


6) Nascita del terzo polo televisivo "di fatto"

Infine, la nascita del terzo polo televisivo è stata una delle più generose polemiche culturali che si sono avute negli ultimi 20 anni. Personalità come Costanzo o Santoro hanno provato in Italia a rompere il duopolio, cioè a puntare su un'offerta comunicativa alternativa ai network esistenti ma pur sempre nel solco del lessico e della piattaforma televisiva. Questo genere di iniziativa ha inesorabilmente fallito. Il terzo polo, l'alternativa all'esistente, ha cominciato a delinearsi solo con l'arrivo sul mercato di un soggetto industrialmente dotato come Sky. Da ogni punto di vista, però, l'impatto di questo nuovo soggetto si presenta molto più coriandolizzato, perché si tratta di una grande tastiera.
Osservando l'insieme del pubblico e l'attenzione dei media nel racconto del fenomeno Sky, viene confermato l'ipotesi per cui la fortuna di un medium è decisa soprattutto da quel fattore che tante volte abbiamo chiamato il "rimando multimediale": è questo aspetto metacomunicativo della comunicazione che decreta il successo di alcune avventure del settore.
Ebbene Sky è stato un fenomeno che ha goduto di buona stampa, cioè ha avuto una discreta reputazione nelle recensioni dei media e nel rimando televisivo; ha avuto un pubblico crescente, competitivo, giovane, mediamente colto e leader di acquisti, ovvero decisivo nella capacità di attrarre la pubblicità.

Sono questi alcuni dei segnali di cambiamento nella comunicazione di inizio millennio. Ma se le trasformazioni non sono dominate dagli attori sociali non riescono ad incarnare il cambiamento e tendono a diventare crisi; per questo la crisi è così al centro del dibattito politico e mediale.
Sappiamo che gli uomini tendono a modernizzarsi nella sfera della comunicazione e delle tecnologie, ma non riusciamo a spiegare come mai fenomeni così nuovi nel mercato della comunicazione non sembrano trovare una controprova nel campo della società, della politica, dell'educazione. Forse perché il nostro atteggiamento di resistenza al cambiamento si esprime nella tendenza al divertimento nel teatrino della comunicazione, come se fosse ipertesto di cambiamenti che non abbiamo il coraggio di assumere nella vita e nel comportamento.


L'intervento è tratto da:
- Piepoli N., Baldassari R., L'Opinione degli Italiani. Annuario 2009, Franco Angeli, Milano, 2009.

Le immagini appartengono a:
- www.repubblica.it
- www.cinetivu.com
- www.jcwebprints.com
- www.robertoventurini.blogspot.com
- www.endemol.it
- www.tlc-direct.co.uk

sabato 24 gennaio 2009

Facebook: Un mondo fatto di noi, di Mihaela Gavrila

Facebook - libro-faccia, rappresenta il classico esempio di mondo fatto di noi.

Rispetto alla comunicazione tradizionale, questa rete-movimento che è nata online garantisce al soggetto l'illusione di auto-costruire e auto-determinare il proprio spazio comune e la rappresentazione pubblica del privato.

All'improvviso, pubblico e privato si compenetrano: lo spazio pubblico si costruisce intorno alla nostra identità, attraverso la sovrapposizione di impronte lasciate da noi stessi e dai nostri amici.

Si tratta di una rete di relazioni sociali vera e propria, che ha bisogno di manutenzione, che implica continuo aggiornamento e partecipazione e che, solitamente, si integra con una rete di relazioni in presenza.

Solitamente, ci chiedono di diventare amici persone che conosciamo o che ci conoscono, con le quali abbiamo condiviso esperienze, infanzia, formazione, lavori, e che per un motivo o per un altro non vogliono perderci di vista.

E mentre il Grande Fratello è il reality in un mondo costruito per noi, con personaggi che ci assomigliano ma non conosciamo, su Facebook il reality ci vede coprotagonisti. Possiamo spiare nella vita dei nostri "amici" che a loro volta possono guardare senza pudore nella nostra. Il grande confessionale si è all'improvviso allargato.

Ma Facebook non è solo l'espressione pubblica di quello che riteniamo che si debba sapere della nostra vita. E' anche uno spazio di condivisione di passioni, letture, atteggiamenti e stili di vita (ciascun "amico" può segnalare una lettura, un film, una rappresentazione teatrale che ha inciso nella sua vita e sensibilità). Ci permette di segnalare eventi importanti, di creare movimenti e prendere posizione rispetto a problemi pubblici.
E', infine, un modo per recuperare la memoria e l'identità. Due dimensioni che fanno i conti con i tempi sociali ed individuali, con l'esperienza di sé e la ricerca dell'altro, e che hanno quanto mai bisogno di riemergere in una modernità senza istruzioni per l'uso.

La funzione primaria della comunicazione pubblica è generalmente quella di promuovere l'accesso e la partecipazione dei cittadini ad uno spazio comune, all'ambito di ciò che riguarda la vita di tutti e di ciascuno. La nostra riflessione mira, in primo luogo, a problematizzare il concetto di comune così come viene pensato e vissuto oggi, ed in secondo luogo, ad esaminare i diversi modelli semiotici e le differenti piattaforme comunicative con cui esso viene socialmente costruito.
La constatazione da cui muovere il nostro ragionamento è che lo spazio del comune sia oggi sempre più a rischio, eroso, sgretolato, sentito tendenzialmente come qualcosa di estraneo ed insicuro. Come profughi in terra straniera, nello spazio del comune gli individui si limitano a starci ma non riescono davvero a farne parte. Da qualche tempo stiamo assistendo ad un progressivo smantellamento delle strutture e delle istituzioni del welfare e - per citare Bauman - alla conseguente trasformazione dello Stato sociale in uno Stato dell'incolumità personale, in cui le questioni dell'assistenza e della solidarietà sociale tendono ad essere declinate e risolte prevalentemente sotto forma di problemi di sicurezza individuale. Questo processo ha di fatto posto le condizioni per la desertificazione del mondo comune e la produzione in esubero di quote crescenti d'im-mondo, ovvero di zone persone e cose che non riusciamo a sentire come parte di un universo condiviso e ad assorbire nel nostro spazio di vita. Si considerino, ad esempio, le recenti emergenze della spazzatura e dei clandestini: nell'uno e nell'altro caso si tratta di parti del mondo nei confronti delle quali ci approcciamo come fossero rifiuti da espellere piuttosto che risorse da capitalizzare e "riciclare", ovvero reimmettere nel ciclo del nostro sistema di vita.
Dal nostro punto di vista tutto ciò non è che il riflesso di una stridente contraddizione che si sta facendo strada nella semantica del comune. Comune, come si sa, ha il duplice significato di "condiviso" ma anche di "banale" (come quando si dice di un oggetto che è ordinario, comune appunto). Banale tanto è condiviso, condiviso in quanto discende direttamente da un Unwelt preriflessivo, non tematizzato, ma dato per scontato, banale. Ebbene, questi due significati di "condiviso" e "banale" tendono a disconnettersi fra loro, ed anzi ad entrare in contraddizione l'uno con l'altro. L'area di ciò che è condiviso si restringe fino ad interessare gruppi sempre più limitati e circoscritti, mentre tutto ciò che è al di fuori di essi viene abbandonato, bandito, banalizzato (tale è l'articolazione semantica del banale). Questa contraddizione fra un "condiviso" sempre più ristretto e un "banale" disertato dal sé e abbandonato in balia di non si sa chi, produce la paradossale inversione semantica del comune nell'immune, ovvero in un dispositivo che pattuglia e presidia i confini dell'identita escludendone tutto ciò che è altro.
In che modo questa trasformazione della semantica del comune ha a che fare con lo scenario dei media e della comunicazione oggi? Ed in che modo, con quale nuovo modello enunciativo e patto comunicativo si può arrestare la deriva immunitaria in cui sembra essere precipitato al momento il comune?
In questa sede non possiamo che procedere per spunti e semplificazioni. Uno dei problemi ricorrenti della modernità (a partire dal blasé simmeliano alle prese con il sovraccarico di stimoli della metropoli) è sempre stato quello di riequilibrare il flusso delle informazioni rese disponibili con la capacità degli individui di gestirle ed assorbirle in un patrimonio comune di senso. Storicamente il modello semiotico che ha funzionato meglio per ovviare a questa (Beniger) è stato quello che definiremmo del crisi di controllomondo fatto per noi, ovvero di un'offerta comunicativa plasmata in funzione del pubblico atteso e nella quale il pubblico stesso è stato chiamato con successo ad identificarsi. Ovviamente in questo caso il pubblico è presente come lector in fabula, sotto forma di simulacro concepito dai produttori del testo. Questo modello di comunicazione sembra oggi aver smarrito parte della sua funzione propulsiva e della sua capacità di realizzare forme inclusive di comunic-azione.

Nell'ambito dei social network e dei cosiddetti content user generated si sta sperimentando un nuovo modello enunciativo, quello del mondo fatto di noi, che non fa più leva sul simulacro ma sull'impronta. Prendiamo ad esempio i sistemi di social filtering mediante tag attribuite dagli utenti: i flussi dell'information overload non sono ridotti da un agente centralizzato che li organizza e li semplifica per l'utenza, ma direttamente classificati, filtrati, ri-mediati da coloro che ne fanno uso e che usandoli vi lasciano la propria impronta e li identificano della propria patina, cioè della memoria dei propri usi pregressi e del proprio capitale reputazionale.

Non è in questione l'ormai abusata contrapposizione di maniera fra vecchi e nuovi media, ma l'elaborazione di nuove strategie comunicative finalizzate a ripristinare il senso autentico del comune.
Ad esempio, anche i programmi televisivi iniziano a dare alcune deboli risposte alla domanda di un mondo fatto di noi nel momento in cui intorno ad essi si addensano fanship votate a pratiche conversazionali. E' arrivato oramai il momento di allarmarsi per l'indebolimento del patto comunicativo che le nuove generazioni, sempre più critiche rispetto all'omologazione entro un mondo fatto per noi dai network tradizionali.

Comprendere ed elaborare strategie di inclusione dei giovani, vuol dire recuperare e orientare il punto di vista di una generazione non più dominata dalla monocultura televisiva, osservando da un grandangolo privilegiato la veloce evoluzione dei nuovi media, che non esclude la tv ma la "ingloba" all'interno di altri consumi quotidiani, permettendo così un più ampio e diversificato rapporto governato da bisogni ed interessi individuali entro una cornice necessaria di senso del comune.

Riflettiamo, dunque, sullo scenario di una società in cui ogni individuo attinge ad una sua fonte di informazione, in cui il confronto avviene entro una rete di bisogni e obiettivi relativamente comuni, anche se virtuali, in cui i percorsi della conoscenza seguono vie guidate esclusivamente dalla ricchezza disorganizzata della Rete, in cui ognuno finirebbe per avere sistemi valoriali e conoscitivi diversi dagli altri. Tuttavia, è doveroso un interrogativo: dove si ri-trova la società e lo spazio pubblico? A chi spetterà il ruolo di garantire al soggetto gli strumenti per la partecipazione sociale e culturale? Quale sarà il grande broadcast della conoscenza condivisa? Chi garantirà quel minimo necessario e (in)sufficiente di capitale culturale condiviso dai membri delle comunità reali e virtuali?

giovedì 22 gennaio 2009

Sonia Livingstone - La teoria della Media Literacy

La teoria della Media Literacy è inserita nel dibattito concentrato sul digital divide, e schiude una nuova visione interpretativa di quelle che possono essere le eventuali barriere all'accesso ed utilizzo di Internet.

Di fianco alle barriere tradizionali (infrastrutturali, economiche e socioculturali) esistono delle barriere occulte, che agiscono fortemente sulle scelte dei soggetti, frenandone la disposizione a diventare Internet users. Tali barriere vengono individuate nelle cosiddette competenze mediali.

Sonia Livingstone, riprendendo gli studi di Aufderheide, definisce la media literacy come l'abilità ad accedere, analizzare, valutare e creare messaggi in varie forme (LIVINGSTONE S., Media Literacy and the Challenge of New Information and Communication Technologies, The Communication Review).

Sono 4, dunque, i livelli (o skills) che permettono al fruitore di godere in modo soddisfacente dei benefici offerti dal Web, sfruttandone appieno le potenzialità:

1) disponibilità di un computer connesso ad Internet

2) capacità analitiche: saper trovare e selezionare il contenuto richiesto

3) capacità critiche: saper interpretare il messaggio veicolato dal contenuto

4) capacità autoriali: saper produrre testi e contributi online

Soltanto quando l'utente sarà in possesso di tutte le 4 skills, potrà dirsi pienamente competente nell'utilizzo di un prodotto online.
Al contrario, se all'utente fa difetto una o più skills, la sua capacità di gestire e di interagire con le tecnologie ed i testi online risulta gravemente indebolita.
Estendendo il concetto, e notando che l'Italia è notevolmente al di sotto della media europea per Internet users, nonostante il fatto che le barriere tradizionali non rappresentino un ostacolo rilevante per la penetrazione di Internet, è proprio il basso livello di competenze mediali la causa di tale ritardo.

mercoledì 21 gennaio 2009

Martedì d'Autore alla Facoltà di Scienze della Comunicazione

La Facoltà di Scienze della Comunicazione ospiterà nel Centro Congressi di Via Salaria 113 una rassegna di eventi a carattere nazionale ed internazionale con autori e professionisti della comunicazione.
Gli incontri partiranno il 27 gennaio alle ore 19,30 e proseguiranno per i prossimi 14 martedì sempre nella stessa sede, fino al 5 maggio.
Sarà ospite del primo appuntamento di Martedì d'Autore il cantautore italiano Niccolò Fabi.

La TV come strategia: il ruolo dei giovani

Il documento (in formato pdf) analizza lo sviluppo della "TV come medium" dalle sue origini fino ai nostri giorni, svelando il cambiamento delle audience, dell'offerta e del consumo televisivo, e fotografando l'importanza sempre maggiore conquistata dal target dei giovani:
- La TV come strategia: il ruolo dei giovani

sabato 10 gennaio 2009

Mediablog: presentazione

Mediablog nasce da un progetto di tesi specialistica in Scienze della Comunicazione coordinato dalla prof.ssa Mihaela Gavrila e finalizzato dal laureando Davide Dragonetti.

Si tratta di un'occasione utile per sviluppare le tematiche riguardanti i media e i linguaggi digitali, con un occhio di riguardo alle dinamiche che interessano l'intera industria culturale.

Mediablog è un prodotto aperto, che si posiziona come punto di riferimento per gli studenti di Scienze della Comunicazione che si accingono a seguire un corso in Media e Linguaggi Digitali, e come punto di interesse per tutti i navigatori interessati agli ambiti trattati.