giovedì 26 marzo 2009

Ok , il prezzo è zero, di Chris Anderson

Nel corso dell'ultimo decennio, abbiamo costruito un'economia online in cui il prezzo di default è zero: niente, nada, nul, null. I beni digitali, dalla musica ai video, passando per Wikipedia, possono essere prodotti e distribuiti senza alcun costo marginale e così, per le leggi economiche, il prezzo è andato dalla stessa parte: a zero. Per la Google generation, internet è la terra del Gratis.

Questo non significa che dal niente le aziende non possano ricavare soldi. Può essere un buon business. Ma come? La minoranza dei clienti che paga sostiene la maggioranza. Qualche volta si tratta di due diversi settori di clienti, come nel modello tradizionale dei media: pochi pubblicitari pagano per i contenuti, così molti consumatori possono ottenerli a basso costo o gratis. E' questo il motore per gli incassi di tutte le più grandi web company, da Facebook e MySpace fino alla stessa Google.

In altri casi, le stesse economie digitali hanno stimolato nuovi modelli di business, come il "Freemium", la versione gratuita supportata da una versione premium a pagamento. Questo modello usa il Gratis come forma di marketing, per mettere il prodotto nelle mani del massimo numero di persone, convertendone solo una piccola parte in clienti paganti.

Con i beni materiali, i campioni devono essere distribuiti a piccole dosi: ci sono costi reali da pagare. Nel caso dei bit, invece, le versioni gratuite sono troppo economiche per essere conteggiate e possono essere diffuse ovunque. Questo spiega anche come mai il tuo eccentrico commercialista si è trasformato nel gratuito e virtuale TurboTax, l'agente di borsa è ora un sito di trading e l'agenzia di viaggi è ora un venerato motore di ricerca.

Tutto ciò ha funzionato bene in un'economia in crescita ma quest'anno, per la prima volta dal 2001, la marea complessiva di investimenti e pubblicità quasi sicuramente scenderà. Che cosa comporta questo per il modello economico del Gratis?

Dal punto di vista del consumatore, dovrebbe solo aiutare. Dopotutto, quando non si hanno soldi, zero dollari sono un buon prezzo. Aspettatevi che la tendenza verso il software open source (che è gratuito) e gli strumenti di produttività basati su web come Google Docs (anche loro gratuiti) acceleri. I computer più cool e più economici di questi tempi sono i netbook, che vengono venduti a 250 dollari e viaggiano con versioni gratuite di Linux o con super economiche vecchie versioni di Windows. Chi li compra non carica Office pagando a Microsoft centinaia di dollari per il privilegio. Usa piuttosto i suoi equivalenti online.

Queste stesse persone ascoltano musica gratuita su Pandora, cancellano l'abbonamento alla pay tv per guardare video gratuiti su Hulu e uccidono le linee telefoniche domestiche in favore di Skype. Il web è diventato il più grande negozio della storia e tutto è in saldo al 100 per cento.

E le aziende che cercano di costruire un business online? Il modello standard di business è la pubblicità. Un servizio popolare avrà moltissimi utenti e qualche sponsor pagherà i conti: Ma sono emersi due problemi: il prezzo della pubblicità online e il numero di clic. Facebook è un servizio immensamente popolare ma è anche una piattaforma pubblicitaria inefficace. Se pure ci si riesce a immaginare quale sia il giusto annuncio pubblicitario da presentare accanto alle foto della festa di una liceale, lei e i suoi amici non ci cliccheranno mai sopra. Non stupisce quindi che le applicazioni di Facebook incassino meno di un dollaro per 1000 view (in confronto ai 20 dollari circa dei grandi siti d'informazione). Google ha costruito un motore economico invidiabile grazie ai suoi annunci di testo mirati, ma i siti sui quali girano raramente diventano ricchi. Ospitare gli annunci di Google Adsense ai lati del tuo blog, non importa quanto sia popolare, non ti pagherà neanche il minimo sindacale per il tempo che ci passi sopra. Parlo per esperienza.

E il trucco più vecchio, ovvero far pagare per i tuoi servizi e beni? E' qui che si vedranno le vere novità in un'economia in crisi. E' tempo che gli imprenditori innovino, non solo con prodotti nuovi, ma con nuovi modelli di business.

Pensate a Tapulous, il creatore di Tap Tap Revenge, un popolare programma di giochi musicali per l'iPhone. Come in Guitar Hero o Rok Band, le note piovono sullo schermo e tu le devi prendere a ritmo di musica. Milioni di persone hanno provato la versione gratuita e una porzione notevole di loro era pronta a sborsare dei soldi quando Tapulous ha offerto delle versioni a pagamento costruite attorno a band particolari, come i Weezer e i Nine Inch Nails, oltre a canzoni add-on.

Ma estrarre un modello di business dal Gratis non è sempre facile, specialmente quando i tuoi utenti si aspettano di non pagare nulla. Pensate a Twitter, il servizio di messaggistica (gratuito) da 140 caratteri da cui la gente aggiorna il mondo su quello che sta facendo, un frammento alla volta, stile haiku. Dopo avere conquistato il mondo, o perlomeno il suo lato geek, ora si trova ad avere incassato appena il denaro per coprire i costi per la connessione. L'anno scorso ha assunto un guru dei ricavi perché gli trovasse un modello di business e ha annunciato che presto rivelerà la propria strategia. Le speculazioni al riguardo variano dal chieder soldi alle aziende per avere i propri tweet consigliati ai clienti (che è un po' come diventare amici di Burger King su Facebook) alla certificazione dell'identità per evitarne l'usurpazione. Un anno fa questo importava poco: il modello di business era "mettere da parte un bel gruzzolo per l'uscita dalle scene e la pensione, preferibilmente in cash". Ma ora le porte d'uscita sono chiuse.

Questo significa che, in un'economia di crisi, il Gratis batterà in ritirata? Probabilmente no. I fattori psicologici ed economici rimangono più che mai buoni. I costi marginali di qualunque cosa sia digitale crollano del 50 per cento ogni anno, rendendo la valutazione dei prezzi una corsa verso il fondo, e il Gratis esercita il suo potere come non mai sulla mente dei consumatori. Significa però che "gratis" non è abbastanza. Deve andare in coppia con "a pagamento". Come i rasoi gratuiti di King Gillette avevano un senso in termini di business solo se abbinati a lamette costose, così gli imprenditori di web di oggi non devono inventarsi solo prodotti che la gente ama, ma anche prodotti per cui la gente pagherà. Gratis sarà il prezzo migliore, ma non può essere l'unico.


L'immagine appartiene a:
- www.rangit.com

Il contributo è tratto da:
- Wired, No. 2, Aprile 2009

martedì 17 marzo 2009

Claude Shannon e Warren Weaver - La Teoria Matematica della Comunicazione

La teoria matematica della comunicazione (conosciuta anche come modello matematico-informazionale) è stata ipotizzata sul finire degli anni Quaranta da due ingegneri statunitensi, Claude Shannon e Warrern Weaver, per individuare il modello di trasmissione ottimale dei messaggi. I due studiosi erano interessati a limitare i danni connessi a un processo di trasferimento di informazioni: una conversazione telefonica, ad esempio, corre il rischio di veder perdere numerose informazioni a seguito di scariche presenti sulla linea. Le possibili fonti di rumore, in grado di produrre una dispersione di informazioni, rappresentavano lo specifico oggetto di studio di Shannon e Weaver. Questo è lo schema da loro tracciato (clicca sull'immagine per ingrandire):














E' evidente che il modello comunicativo sotteso alla teoria ipodermica e alla teoria matematica dell'informazione coincide largamente: vi è un emittente che costruisce e veicola un messaggio (lo stimolo nella teoria ipodermica) che deve arrivare al destinatario, consentendo l'attivazione di una risposta.
Nel descrivere lo schema del modello matematico-informazionale della comunicazione, Eco sottolinea come sia possibile sempre rintracciare

una fonte o sorgente dell'informazione, dalla quale, attraverso un apparato trasmittente, viene emesso un segnale; questo segnale viaggia attraverso un canale lungo il quale può venire disturbato da un rumore. Uscito dal canale, il segnale viene raccolto da un ricevente che lo converte in un messaggio. Come tale, il messaggio viene compreso dal destinatario1.


Questo schema, continua ancora Eco, può essere applicato a una comunicazione tra macchine, tra esseri umani e tra macchine ed esseri umani. Del tutto estraneo al processo è il momento dell'attribuzione del significato al messaggio da parte del ricevente: esso è semplicemente dato una volta per tutte a tutti i soggetti.
La semplicità e la grande versatilità di un modello fondato sul rapporto diretto tra emittente e destinatario sono alla base del successo che ha accompagnato per anni molto delle letture e delle analisi condotte sul rapporto tra media e individui. Se si considera il modello matematico-informazionale una sorta di perfezionamento di quello proprio della teoria ipodermica, si può intuire tutto il fascino di una formulazione ben congegnata sul piano formale e in grado di dare risposte semplici, sia pure poco argomentate. In realtà, qualsiasi modello o teoria che ponga alla base delle sue riflessioni una dinamica di rapporto tra i media e gli individui quale quella descritta da simili impianti teorici si condanna all'assoluta irrilevanza conoscitiva. Pur se di sicuro fascino e di larga applicabilità, la teoria ipodermica e la teoria matematica dell'informazione non possono che continuare a rappresentare il pezzo più pregiato in una sala di esposizioni dedicata all'archeologia del presente.

1 Eco U., Estetica e Teoria dell'Informazione, Bompiani, Milano, 1972.


Il contributo è tratto da:
- Bentivegna S., Teorie delle Comunicazioni di Massa, Laterza, Roma, 2003

mercoledì 11 marzo 2009

La Teoria Ipodermica (Bullet Theory)

La teoria ipodermica, o bullet theory, fa riferimento a un modello comunicativo che si caratterizza per una relazione diretta e univoca che lega lo stimolo alla risposta. Tale modello si configura come il primo tentativo di individuazione del rapporto esistente tra media e individui. E' un modello di grande semplicità che rispondeva all'esigenza conoscitiva di stabilire un nesso, anche estremamente semplice, tra il momento della veicolazione del messaggio e quello della fruizione.

Unanimemente collocata dagli studiosi nella fase iniziale delle riflessioni e degli studi sulle comunicazioni di massa, la teoria ipodermica ha goduto di uno strano destino. Definita dai Lang1 come una teoria che "never was", a causa della profonda estraneità mostrata dagli scienziati sociali, la teoria ipodermica è stata più volte recuperata, laddove si voleva enfatizzare il carattere massificante e manipolatorio delle comunicazioni di massa.

Con la teoria ipodermica, il potere dei media sembra non avere ostacoli nel voler imporre la volontà di chi li governa agli individui della massa. I postulati su cui essa si fonda sono i seguenti:

4) i messaggi veicolati sono ricevuti da tutti i membri nello stesso modo

3) gli individui sono indifesi di fronte al potere dei media

2) i messaggi veicolati sono potenti fattori di persuasione, in grado di introdursi all'interno degli individui con le stesse modalità di un ago ipodermico

1) il pubblico è una massa indifferenziata, all'interno della quale si trovano individui in una condizione di isolamento fisico, sociale e culturale

Gli individui, dunque, risultano soli, privi di reti di protezione, esposti senza scampo agli stimoli esercitati dai media.
In questo vuoto, i messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione hanno gioco facile a colpire con un proiettile magico gli individui ad essi esposti. D'altro canto, non essendovi barriere a fermare la traiettoria del proiettile, gli individui risultano indifesi e preda dei messaggi mediali, che vengono ricevuti in modo standard da tutti i destinatari. Ciò che sorprende nella formulazione di questo modello è l'assoluta semplificazione del rapporto comunicativo, ridotto a mero automatismo quale quello che consegue alla somministrazione di uno stimolo al cane di Pavlov. Nessuna traccia, invece, di una qualche forma di potere ascrivibile ai destinatari, ridotti a mere comparse sulla scena organizzata e gestita dalle istituzioni mediali.

1 Lang K., Lang G., Mass Communication and Public Opinion,1981


Il contributo è tratto da:
- Bentivegna S., Teorie delle Comunicazioni di Massa, Laterza, Roma, 2003

L'immagine appartiene a:
- www.meltinpotonweb.com

martedì 3 marzo 2009

Maxwell McCombs e Donald Shaw - La teoria dell'Agenda Setting

La teoria dell'agenda setting si inserisce negli studi mediali socioscientifici, ossia in quell'ambito di ricerca che tende ad analizzare gli effetti che i mezzi di comunicazione producono nei confronti del pubblico.

Secondo la teoria dell'agenda setting, sviluppata da McCombs e Shaw nel 1968, i mass media costruiscono un'agenda di temi per l'opinione pubblica attraverso l'enfasi assegnata a determinati ambiti. Secondo i due studiosi esiste un'evidente correlazione tra il grado di copertura che i mass media adottano per gli eventi che accadono e la rilevanza che le persone attribuiscono agli stessi eventi.

Siamo lontani dalle teorizzazioni di un'influenza persuasoria dei media nei confronti del proprio pubblico, e ciò emerge direttamente dalle parole dei due autori:


L'ipotesi dell'agenda setting non sostiene che i media cercano di persuadere.
[...] I media, descrivendo e precisando la realtà esterna, presentano al
pubblico una lista di ciò intorno a cui avere un'opinione e discutere. L'assunto
fondamentale dell'agenda setting, è che la comprensione che la gente ha di gran
parte della realtà sociale è mutuata dai media.

Shaw, D. L. & McCombs, M. (1977). The Emergence of American Political Issues: The Agenda-Setting Function of the Press. St. Paul: West


Per applicare empiricamente la teoria dell'agenda setting, è utile prendere in considerazione, fra le tante, una ricerca pubblicata su www.agendasetting.com, riguardante la copertura mediale di due eventi similmente catastrofici e tragici come lo tsunami nell'Oceano Indiano del dicembre 2004 ed il terremoto in Pakistan dell'ottobre 2005, e l'influenza che essi hanno avuto nell'opinione pubblica.

Secondo la ricerca, vi è stata una decisiva differenza fra la copertura mediale riservata allo tusnami e quella assegnata al terremoto. Lo tsunami ha ricevuto infatti un'attenzione decisamente ampia dai media dei paesi analizzati, che si è risolta in un altrettanto ampio sostegno economico delle audience; il pubblico, al contrario, non ha percepito allo stesso modo il bisogno di aiuto richiesto dalle regioni afflitte dal terremoto. E ciò emerge dal fatto che, in Germania ad esempio, lo tsunami ha ricevuto 666 report nei tre canali televisivi analizzati, contro i 66 riscossi dal terremoto. A questi 666 report sono corrisposti 178 milioni di dollari in donazioni private, mentre le regioni pakistane ne hanno collezionati soltanto 8 milioni.

Nell'immagine di seguito, il grafico relativo alla copertura mediale dei due eventi mostra chiaramente le differenze di trattamento.