domenica 25 gennaio 2009

Cosa cambia nella comunicazione in Italia, di Mario Morcellini

Cosa c'è di nuovo nei fenomeni e nelle pratiche della comunicazione oggi? Rispondere a questa questione comporta l'elaborazione di una vera e propria mappa culturale del presente, ovvero di una tipologia dei caratteri contraddittori della modernità comunicativa. Alcuni nodi critici sono potentemente sotto i nostri occhi, a patto che si sappiano leggere le tendenze e i significati culturali e comunicativi che esibiscono i comportamenti degli uomini moderni.


1) L'aumento della qualità nel consumo dei media

E' una formula coraggiosa che non si trova in letteratura, dove invece si tende ad esagerare il contrario, cioè la perdita di qualità, il kitsch, il trash; spesso gli studiosi tendono a sopravvalutare gli aspetti negativi del tempo in cui vivono. Un punto di svolta rispetto al passato è l'aumento di qualità nel comportamento comunicativo degli italiani. Cercheremo di capire cosa significa, perché i fenomeni nuovi non sono facilmente leggibili all'interno di uno schema teorico unificante che elimini le contraddizioni. Elementi di incompatibilità sono inevitabili in una società che muta: quando il mondo cambia non lo fa in modo lineare, ma dando segni ambigui e contraddittori. Si tratta di un cambio di paradigma, il soggetto non appare più sottoposto alla comunicazione, come un atomo manipolato dal potere dei media. Certo, non si può ritenere che il potere dei media sia oggi venuto meno, ma le evidenze del nostro tempo dimostrano in modo indiscutibile la crescita di fenomeni di autonomia e competenza da parte dei consumatori di comunicazione, prima considerati masse, poi pubblici, alludendo ai loro dislivelli, e infine target, termine utilizzato dalla pubblicità che aiuta a vedere differenze non solo di appartenenza sociale, ma di opinioni, di climi e di atteggiamenti delle persone.


2) Graduale superamento del "generalismo" nei media

L'aumento di qualità comporta un progressivo declino del generalismo. I nostri studi (ma anche ricerche e letture riconducibili ad altre scuole) concordano sul fatto che i media di massa capaci di esercitare un impatto omogeneo sulle persone stiano scomparendo. Mezzi tradizionali come i giornali, la televisione, la radio sono ormai avviati verso un graduale ma inesorabile declino. Non un precipizio, non la catastrofe, ma un progressivo allontanamento dal centro della scena. Per la tv si tratta di un cambiamento epocale perché ha rappresentato per gli italiani il dispositivo privilegiato di socializzazione alla modernità, ed ancora oggi - pur in decremento di ascolti e di significatività sociale - resta comunque il mezzo più espressivo per comprendere il carattere degli italiani, la loro dimensione ipercomunicativa, così come resta il mezzo più importante per capire le società democratiche dell'occidente.


3) Media vecchi e nuovi tra rottura e continuità

Nella fase di elaborazione di quelle che chiamiamo nuove tecnologie, all'epoca nuovissime ed oggi medie, prevaleva un aspetto di discontinuità: sembrava che il computer, la rete e infine la rete delle reti, internet, rappresentassero una censura drastica, di natura linguistica, espressiva, generazionale rispetto alle vecchie tecnologie, e che tv, radio, giornali e cinema fossero incompatibili con questo nuovo ambiente comunicativo. Invece, il modo in cui è avvenuta la reciproca resa dei conti tra generalismo e nuove tecnologie fa capire che prevalgono gli aspetti di continuità: non c'è differenza di contenuti tra media analogici e digitali dal momento che gli uomini recano con sé il proprio codice culturale, permettono il nuovo con le parole vecchie, contaminano le nuove manifestazioni comunicative delle proprie abitudini. La compenetrazione tra vecchi e nuovi media esorcizza ogni tentazione di nuovismo e ci dice chiaramente che, per comprendere la comunicazione, non basta studiare le nuove tecnologie. Vecchi e nuovi media si presentano come una piattaforma sostanzialmente condivisa, persino tra le comunità colte.


4) Fine dell'euforia tipica dei tempi della rete

Questo elemento è stato in larga parte ignorato dagli studiosi. Fino a pochi anni fa tutti i sociologi avevano immaginato che le sorti dell'avvento delle nuove tecnologie sarebbero state caratterizzate dalla rapidità, dalla sostituzione dei fondali culturali che licenziano il vecchio, senza compenetrarlo. E invece osserviamo che non è successo che le vecchie tecnologie e i vecchi contenuti siano stati eliminati. Al contrario, è avvenuto uno stop congiunturale dell'evoluzione della rete, nei termini in cui lo ha definito Lamborghini. Internet non corre poi così veloce e non sta diventando il motore del cambiamento, né si propone come elemento sostitutivo rispetto alla centralità dei vecchi media. Una delle ipotesi avanzate in passato era che internet fosse centrale dal punto di vista delle chance sociali, che dispensasse generosità e liberalità a tutti gli altri segmenti della comunicazione. Ma non è successo anche per colpa di politica e imprese: queste, in particolare, tardano a capitalizzare il valore della tecnologia come motore di cambiamento.


5) La stanchezza dei contenuti mediali del generalismo e della tv in particolare

Il fatto che la televisione innovi troppo poco è un fenomeno che preesiste rispetto alla crisi del generalismo. Lo testimonia la fortuna dei reality nel nostro Paese. Una certa stanchezza la mostra l'informazione, così come una scarsa capacità di restituire i contenuti sociali. Si pensi anche a come la tv racconta l'Università in questo delicato periodo di fine 2008, attraverso stereotipi e banalizzazioni di questioni altrimenti ben più complesse. Si sta spostando il baricentro della creatività dei media e dei grandi contenuti della comunicazione. Da oltre un decennio la televisione non sembra offrire nulla di nuovo. Paradossalmente l'ultima novità è rappresentata dal Grande Fratello, mentre la creatività e le culture giovanili si muovono verso altre direzioni. I giovani sono in fuga dal generalismo che non riesce a dare risposte alla loro complessa soggettività.


6) Nascita del terzo polo televisivo "di fatto"

Infine, la nascita del terzo polo televisivo è stata una delle più generose polemiche culturali che si sono avute negli ultimi 20 anni. Personalità come Costanzo o Santoro hanno provato in Italia a rompere il duopolio, cioè a puntare su un'offerta comunicativa alternativa ai network esistenti ma pur sempre nel solco del lessico e della piattaforma televisiva. Questo genere di iniziativa ha inesorabilmente fallito. Il terzo polo, l'alternativa all'esistente, ha cominciato a delinearsi solo con l'arrivo sul mercato di un soggetto industrialmente dotato come Sky. Da ogni punto di vista, però, l'impatto di questo nuovo soggetto si presenta molto più coriandolizzato, perché si tratta di una grande tastiera.
Osservando l'insieme del pubblico e l'attenzione dei media nel racconto del fenomeno Sky, viene confermato l'ipotesi per cui la fortuna di un medium è decisa soprattutto da quel fattore che tante volte abbiamo chiamato il "rimando multimediale": è questo aspetto metacomunicativo della comunicazione che decreta il successo di alcune avventure del settore.
Ebbene Sky è stato un fenomeno che ha goduto di buona stampa, cioè ha avuto una discreta reputazione nelle recensioni dei media e nel rimando televisivo; ha avuto un pubblico crescente, competitivo, giovane, mediamente colto e leader di acquisti, ovvero decisivo nella capacità di attrarre la pubblicità.

Sono questi alcuni dei segnali di cambiamento nella comunicazione di inizio millennio. Ma se le trasformazioni non sono dominate dagli attori sociali non riescono ad incarnare il cambiamento e tendono a diventare crisi; per questo la crisi è così al centro del dibattito politico e mediale.
Sappiamo che gli uomini tendono a modernizzarsi nella sfera della comunicazione e delle tecnologie, ma non riusciamo a spiegare come mai fenomeni così nuovi nel mercato della comunicazione non sembrano trovare una controprova nel campo della società, della politica, dell'educazione. Forse perché il nostro atteggiamento di resistenza al cambiamento si esprime nella tendenza al divertimento nel teatrino della comunicazione, come se fosse ipertesto di cambiamenti che non abbiamo il coraggio di assumere nella vita e nel comportamento.


L'intervento è tratto da:
- Piepoli N., Baldassari R., L'Opinione degli Italiani. Annuario 2009, Franco Angeli, Milano, 2009.

Le immagini appartengono a:
- www.repubblica.it
- www.cinetivu.com
- www.jcwebprints.com
- www.robertoventurini.blogspot.com
- www.endemol.it
- www.tlc-direct.co.uk

Nessun commento:

Posta un commento