venerdì 17 aprile 2009

L'Ecologia delle Notizie, di Al Gore

Il giornalismo tradizionale sta vacillando ovunque. I quotidiani, i newsmagazine e i network tv che trasmettono notizie erano in crisi già prima della recessione globale e lo sarebbero stati comunque. Se si aggiunge la crisi finanziaria, si comincia a intravedere una rivoluzione epocale: di quelle che trasformano in maniera irreversibile gli ecosistemi.
Di quelle che uccidono i dinosauri.

Nello stesso tempo, il nuovo mondo digitale intorno a noi sta fiorendo in una complessità straordinaria. Il Ventesimo è stato il secolo dei titani: due dozzine di aziende gigantesche, due centri di potere principali e nuovi strumenti che si contavano sulle dita di due mani. Il Ventunesimo secolo è già diverso: massicciamente multipolare, online, e realmente in grado di cambiare il mondo.
E la posta in gioco è molto, molto alta.

Per dare un senso a questa trasformazione mondiale avremo bisogno di un giornalismo migliore di quello a cui siamo abituati. Da parte nostra, come cittadini e utenti dei media, stiamo diventando più bravi a servirci delle notizie. Siamo ormai allenati a quella corsa a ostacoli che, ormai da dieci anni, è l'informazione. Cerchiamo. Filtriamo. Condividiamo.
Queste capacità non sono distribuite in modo uniforme ed equo, ma si stanno diffondendo rapidamente e danno ragione alla speranza: la sfera pubblica è più viva che mai. Quindi mai come oggi abbiamo bisogno di buon giornalismo, e la novità è che può trovare un pubblico più ampio di quanto non abbia avuto finora.

Ma in questo momento di grandi opportunità ci troviamo di fronte a una crisi: le news stanno morendo.
Si sentiranno i guru dire che la causa sono i pc, i cellulari, internet e i browser. La tecnologia sarà l'unica colpevole. Ha ucciso le news, ma alla fine le salverà.

Ma focalizzarsi solo sulla tecnologia è un errore. La vera sfida, quella più seria, ha a che vedere con l'intero sistema.
Anche quando le notizie si spostano online, sembra esserci qualcosa di sbagliato nel modo in cui sono confezionate e diffuse. Sono troppo lente, ingessate. Il tono è raramente in sintonia con quello del web. Sembrano pensate per fornire i prodotti sbagliati. Una rivoluzione che produca buone news va ben oltre i siti web, la multimedialità, i blog, i contenuti generati dagli utenti o qualsiasi altra tecnica su cui passiamo tanto tempo prezioso a discutere. Richiede nuovi sistemi e nuove organizzazioni.

Vorrei suggerire un'analogia con l'unico sistema nuovo degli ultimi anni che ha avuto un successo enorme. Non è stato costruito per le news, anche se è stato oggetto di infinite news: mi riferisco alla campagna elettorale di Barak Obama.
L'uso che Obama ha fatto della tecnologia è stato molto decantato, e a ragione. Ma la tecnologia da sola non lo avrebbe fatto vincere. Lui l'ha saputa combinare con nuove opportunità di partecipazione e nuove strategie per organizzare i sostenitori e la gente sul territorio. Ha rischiato forte nella "devolution" dell'informazione, concedendo il potere di prendere decisioni ai volontari, alla base del partito. E nel frattempo ha raccolto più denaro di qualsiasi altra campagna elettorale della storia.

La tecnologia è stata usata anche per comunicare tutta la complessità che richiede una democrazia sana. Il discorso chiave di Obama, quello sulla razza, ha prodotto solo brevi titoli e clip tv, ma 10 milioni di persone lo hanno scaricato dal web per intero. Un momento di crisi si è trasformato in un punto di non ritorno che è stato anche l'inizio del successo.
Grazie all'abilità di Obama nel costruire un sistema, gli Stati Uniti si sono guadagnati il governo di cui hanno bisogno in uno dei momenti più difficili della loro storia. E ora abbiamo bisogno di un giornalismo che ne sia all'altezza.

Questa è una delle ragioni per cui Joel Hyatt ed io abbiamo creato Current, un network di notizie a carattere partecipativo disponibile in tutto il mondo sul web e in tv, compreso Sky Italia. Vogliamo contribuire a un sistema alternativo che sappia anche generare profitto. Come la campagna di Obama, Current mescola la tecnologia, la partecipazione massiccia e la gente sul territorio, tutto per un obiettivo a cui vale la pena credere. E che possa essere commercialmente vantaggioso.

Voglio sottolineare un'importante differenza: ci sono altre organizzazioni che cercano di imbrigliare il potere della partecipazione in nome della notizia. Ma pochi lo combinano, come facciamo noi, con cittadini giornalisti e reporter sul posto, in ogni luogo del mondo. Noi sollecitiamo i contributi sul nostro sito, ma mandiamo anche i nostri giovani e coraggiosi giornalisti Vanguard in alcuni dei posti più pericolosi del mondo. La tecnologia da sola non vi porterà mai nel cuore di Mogadiscio o nello stretto di Malacca.

Nel momento in cui molte organizzazioni di news si ritirano e pensano a Internet come a un modo per tagliare i costi e sostituire le inchieste internazionali e investigative, Current investe in entrambe.
Pensiamo ancora alla campagna di Obama, la prima davvero figlia del nuovo secolo, e a come ha mobilitato migliaia di persone. Le ha spinte a fare chilometri, a bussare alle porte, a coinvolgere i vicini. La lezione è che la tecnologia è solo una parte del sistema. E quando si innova il sistema, si cambia il mondo. Current sta facendo questo. Ma abbiamo bisogno che altri facciano gli stessi passi, perché gli obiettivi sono troppo grandi per noi soli. Se tutti insieme accettiamo la sfida, possiamo creare una nuova "ecologia delle notizie", che vada incontro alle opportunità e alle necessità del nostro tempo.


Il contributo è tratto da:
- Wired, No. 1, Marzo 2009

L'immagine appartiene a:
- www.agoramagazine.it

1 commento:


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